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A partire dagli anni Settanta, e con maggiore enfasi negli anni Ottanta, la parola e il concetto di “mediazione” sono andati diffondendosi in Europa con ampiezza e profondità sempre crescenti, tanto da indurre Jean-François Six (1990) a definire questo periodo come “il decennio della Mediazione”.

I primi segnali del suo imponente sviluppo si sono avuti negli Stati Uniti, subito seguiti dal Canada. In Europa, la Francia e il Regno Unito vantano una lunga tradizione e posseggono una legislazione particolarmente avanzata al riguardo.

La pratica della mediazione, con le sue irrinunciabili premesse di libertà, di libera assunzione di responsabilità da parte dei soggetti coinvolti, di completa indipendenza dalle pratiche già regolamentate, rappresenta  qualcosa di completamente sconosciuto alle culture “tradizionali”, e del tutto “rivoluzionario”.

La mediazione prevede il confronto tra le persone attraverso l’incontro.

Ciò che fa incontrare le persone non è l'accettazione della  violenza, quasi fosse inevitabile, ma ciò che è all’origine  della violenza, vale a dire la sofferenza.

Il mediatore , la mediatrice dà spazio alla sofferenza in una dimensione di accoglienza, di non giudizio, di accettazione di ciò che è accaduto. Solo in tale accoglienza/accettazione può succedere qualcosa, può avvenire una “trasformazione”, un “incontro”delle emozioni più profonde. 

L’associazione ProgettarSi propone quindi corsi di alfabetizzazione alla Mediazione scolastica intesa  sia come atteggiamento culturale innovativo, sia come abilità e capacità specifiche.

Mediazione umanistico-trasformativa dei conflitti

 

Disse un maestro Zen:

“Se volete raggiungere la verità non curatevi di giusto e sbagliato. La disputa fra giusto e sbagliato è la malattia della mente” (Seng-ts’an)

 

 

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